Con l'articolo di oggi si vuole segnalare una recentissima Sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12984 del 15 maggio 2019 che ha ritenuto responsabile la banca negoziatrice del pagamento di assegno bancario – munito di clausola di non trasferibilità – a persona diversa dal beneficiario.
La Corte, con orientamento già consolidato, ha avuto modo di osservare che: “l'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933, nel disciplinare la responsabilità della banca in ordine al pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario, attribuendo responsabilità a colui che paga a soggetto differente dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso, si riferisce, oltre che alla banca trattaria, tenuta, quando il titolo viene rimesso in stanza di compensazione, a rilevarne l'eventuale alterazione o falsificazione verificabile con la diligenza richiesta al bancario medio, anche alla banca negoziatrice, unica concretamente in grado di controllare l'autenticità della firma di chi, girando l'assegno per l'incasso, lo immette nel circuito di pagamento, e postula, in entrambe le ipotesi, una valutazione in concreto sull'uso della diligenza richiesta dal bancario medio, sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili all'attività bancaria le disposizioni di cui agli artt. 1176, comma 2°, e 1992, comma 2° c.c.”
Con l'articolo di oggi si vuole segnalare una recentissima Sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12984 del 15 maggio 2019 che ha ritenuto responsabile la banca negoziatrice del pagamento di assegno bancario – munito di clausola di non trasferibilità – a persona diversa dal beneficiario.
La Corte, con orientamento già consolidato, ha avuto modo di osservare che: “l'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933, nel disciplinare la responsabilità della banca in ordine al pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario, attribuendo responsabilità a colui che paga a soggetto differente dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso, si riferisce, oltre che alla banca trattaria, tenuta, quando il titolo viene rimesso in stanza di compensazione, a rilevarne l'eventuale alterazione o falsificazione verificabile con la diligenza richiesta al bancario medio, anche alla banca negoziatrice, unica concretamente in grado di controllare l'autenticità della firma di chi, girando l'assegno per l'incasso, lo immette nel circuito di pagamento, e postula, in entrambe le ipotesi, una valutazione in concreto sull'uso della diligenza richiesta dal bancario medio, sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili all'attività bancaria le disposizioni di cui agli artt. 1176, comma 2°, e 1992, comma 2° c.c.”
Ne consegue che l'eventuale alterazione sia riconoscibile a vista d'occhio, anche attraverso un esame diretto tattile o visivo del titolo medesimo da parte dell'impiegato addetto (C. Cass. n. 1377/16; Conf. C. Cass. n. 16332/16 e C. Cass. n. 26947/16).
I succitati principi sono stati “sposati” dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che l'anno scorso, con Sentenza n. 12477/18, risolvendo un contrasto giurisprudenziale creato sul punto, ha fissato il seguente principio di diritto (seguito nella Sentenza in commento): “ai sensi dell'art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736/33 (c.d. Legge assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato– per errore nell'identificazione del legittimo portatore del titolo – del pagamento dell'assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall'effettivo beneficiario, è ammessa a provare– vertendosi in una ipotesi di responsabilità di tipo contrattuale – che l'inadempimento non le è imputabile, per aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'art. 1176, comma 2°, c.c.”
In particolare, nel caso deciso con la sentenza in commento meritevole, secondo chi scrive, di questa breve rassegna, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente la responsabilità della banca negoziatrice per aver consentito, in aperta violazione della normativa sugli assegni, l'incasso di un titolo bancario munito di clausola di non trasferibilità, a soggetto diverso dal beneficiario del titolo medesimo.
Tale comportamento, secondo la citata recente Sentenza, ha natura contrattuale,avendo la banca un obbligo PROFESSIONALE DI PROTEZIONE (volontariamente assunto) operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell'operazione bancaria, ossia di far si che il titolo sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l'incasso.