Il presente focus ha l'obbiettivo di fornire al lettore l'analisi delle possibili soluzioni a tutela del conduttore.
I provvedimenti adottati dal governo per il contrasto ed il contenimento del diffondersi del covid-19 hanno inciso pesantemente sui rapporti commerciali. La chiusura e sospensione delle attività produttive hanno ingenerato il dubbio circa la possibilità di ottenere la sospensione o la riduzione dei canoni nei contratti di locazione di immobili ad uso commerciale. In particolare, nel presente articolo verrà affrontata la questione dell'impossibilità sopravvenuta e della forza maggiore, affrontando gli aspetti critici dell'impossibilità sopravvenuta e delle questioni ad essa annesse (eccessiva onerosità della prestazione, possibile domanda di reductio ad equitatem, divieto di autosospensione del canone).
L'impossibilità sopravvenuta e la forza maggiore sono regolamentate dall'art. 1256 c.c.: “l'obbligazione si estingue quando per causa non imputabile al debitore – conduttore -, la prestazione diventa impossibile. Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finchè essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'inadempimento". Dunque, il comma II° dell'art. 1256 c.c. tratta dell'impossibilità temporanea della prestazione dovuta dal debitore, che nel contratto di locazione consiste nel pagamento del canone, dovuta per causa non imputabile al debitore.
Quest'ultimo è esonerato da responsabilità sino a quando cesserà l'inadempimento.
Secondo i primi commentatori delle norme emergenziali, il punto fermo da cui muovere è che gli eventi suddetti sono riconducibili ad una causa di forza maggiore, che, per definizione, rappresenta una causa di non imputabilità dell'adempimento.
I provvedimenti emanati con le norme emergenziali finalizzate a tutelare l'interesse pubblico – salute- costituiscono un'esimente della responsabilità del debitore e, dunque, un'ipotesi di forza maggiore (cd factum principis). In particolare la forza maggiore “temporanea”, determina la possibilità che l'obbligazione possa essere eseguita “non appena possibile”. L'emergenza epidemiologica è stata considerata causa di forza maggiore tale da escludere una responsabilità di chi non adempie alle obbligazioni entro i termini stabiliti contrattualmente.
Del resto il D.L. “cura Italia”n. 18/2020, all'art. 91, ad integrazione del D.L. 6/2020, introducendo il comma 6 bis ha statuito che: “il rispetto delle misure di contenimento è valutato ai fini dell'esclusione della responsabilità del debitore in ordine a decadenze o penali connesse a ritardati o omessi versamenti. Secondo tale disposizione, in materia di contratti, la parte inadempiente o in ritardo potrà invocare l'esimente della forza maggiore, fatta salva la prova dell'impossibilità – anche parziale- di provvedervi". Nello specifico suddetta posizione interpretativa è stata assunta dai notai che, fattivamente, si tradurrebbe nella possibilità, per il conduttore, di ottenere, per la durata del periodo emergenziale, una sospensione dell'obbligo di pagamento del canone fino al termine della causa di forza maggiore, salvo poi pagare gli arretrati, senza interessi, una volta terminata l'emergenza.
Le interpretazioni della cassazione in ordine alle norme civilistiche che entrano in gioco sono molteplici, considerando quella più favorevole al debitore/conduttore, l'impossibilità potrebbe essere interpretata come mera difficoltà temporanea a pagare il canone, a causa della mancata operatività dell'azienda, ma non certo come diretta conseguenza. L'impossibilità per il conduttore di utilizzare l'immobile, quale prestazione della controparte (locatore); l'impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (pagamento del canone).
Secondo altri autori, ulteriore strada percorribile è quella della eccessiva onerosità della prestazione di cui agli articoli 1467 c.c. e seguenti.
Sulla scorta di tale ipotesi deve essere mantenuto l'equilibrio contrattuale, al fine del mantenimento del quale il conduttore potrebbe chiedere una riduzione della sua prestazione, ovvero una modificazione delle modalità di esecuzione, sufficienti a ricondurla ad equità ex art. 1468 c.c.
Se il rimedio appena citato può apparire di immediata applicazione poiché è evidente che il conduttore, non potendo più esercitare la propria attivitàò commerciale, potrebbe avere seri problemi ad onorare i suoi impegni di pagamento dei canoni pattuiti ed interesse alla loro riduzione, va ricordato che la riduzione non consegue immediatamente la sua richiesta: anzi, il conduttore può solo chiedere la risoluzione del contratto ed il locatopre, onde evitare tale circostanza può ridurre il canone riconducendolo a criteri di equità.
Deve infatti evidenziarsi che il conduttore non è legittimato, in autonomia, a sospendere e/o ridurre il canone di locazione. La sospensione totale o parziale è legittima solo se autorizzata formalmente dal locatore (ex multis, C. Cass. Sentenza n. 18987/2016 principio consolidato).
Lo stesso Cura Italia, all'art. 65 D.L. n. 18/2020, prevedendo a favore del conduttore un credito d'imposta per l'anno 2020 per l'affitto di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (botteghe e negozi), presuppone che non sia legislativamente previsto alcun diritto alla sospensione o riduzione del canone, che resta da pagare, regolarmente.