IL SOTTOSCALA SI PRESUME PARTE CONDOMINIALE, SALVO TITOLO CONTRARIO.

2/10/2019 12:20:00
di Dott.ssa Martina Rubini - News
IL SOTTOSCALA SI PRESUME PARTE CONDOMINIALE, SALVO TITOLO CONTRARIO.

Con l'odierna rassegna si vuole concentrare l'attenzione sulla disciplina relativa alla presunzione di proprietà comune dei beni condominiali, segnatamente del sottoscala presente all'interno di un edificio condominiale.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2242 del 9 settembre 2019 ha precisato che: “l'art. 1117 c.c. fornisce la “chiave” per individuare quali, in un caseggiato, siano le cose comuni, precisando che la presunzione di condominialità di una porzione immobiliare, rientrante nel campo di applicazione di tale norma, può essere vinta, dal singolo condomino, solo in ragione di un titolo originario che esplicitamente gliene attribuisca la proprietà esclusiva oppure qualora lo stesso dimostri di averla comunque acquisita mediante usucapione”.

 A questa conclusione la Corte è giunta conformandosi ad un orientamento precedentemente già consolidato, poiché non esistono sentenze contrarie. (C. Cass. Sentenza n. 11812/2011, C. Cass. Sentenza n. 9523/2014, C. Cass. Sentenza n. 5831/2017, C. Cass. Sentenza n. 20693/2018).



La presunzione di proprietà comune ex art. 1117 c.c. 

Ai fini dell'individuazione delle eventuali parti comuni di un edificio, è necessario esaminare quanto risulta dal titolo dell'atto di vendita dell'immobile situato all'interno dell'edificio medesimo.

L'articolo 1117 c.c. statuisce che: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

  1. tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

  2. le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;

  3. le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuali dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.”

Dunque, in applicazione di quanto disposto dall'articolo succitato, per poter dare applicazione alle norme di diritto condominiale, è necessaria sia la presenza di una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l'edificio in comunione, che un collegamento funzionale fra questi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva.

 Tuttavia, deve precisarsi che l'elenco dei beni e degli impianti indicati dall'art. 1117 c.c. è stato considerato dalla giurisprudenza non tassativo ma avente una mera funzione esemplificativa (C. Cass. Sentenza n. 4501/2015).

La natura condominiale dei beni elencati, quindi, può essere esclusa solo in forza di un titolo specifico, inevitabilmente in forma scritta.

Il titolo

La presunzione di comproprietà di cui all'art. 1117 c.c., può essere superata unicamente dalla presenza di un titolo contrario pienamente valido ed efficace.

Quest'ultimo potrebbe essere, a titolo esemplificativo, il cd “atto pilota”, ossia il primo atto di compravendita avente ad oggetto la proprietà di un bene, potenzialmente rientrante nell'alveo dei beni comune, risultante, tuttavia, di proprietà esclusiva di un solo proprietario.

E' chiaro che da tale atto discenderà la regola fondamentale sulla scorta della quale viene a determinarsi la proprietà esclusiva del bene.

E' possibile che tale atto sia contenuto nel regolamento predisposto dal costruttore ed accettato da tutti i condomini, non escludendo che possa essere contenuto in una deliberazione assembleare. La decisione, nel caso di specie, viene normalmente assunta a maggioranza oppure con il consenso unanime dei partecipanti al condominio.

Usucapione di parti comuni

Ciascun condomino può servirsi liberamente della cosa comune, anche per propri fini, purchè non alteri la destinazione di questa e ne consenta un uso paritetico a tutti gli altri condomini.

Questo non esclude, però, che un condomino possa usucapire una parte comune.

Tant'è che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14809/2017 ha avuto modo di precisare cosa si intenda per “titolo contrario” ex art. 1117 c.c., ossia, in particolare, ha affermato che il condomino che pretenda l'appartenza esclusiva di un bene indicato nell'art. 1117 c.c., debba fornire prova della proprietà esclusiva derivante da un titolo contrario che può constare oltrechè nell'usucapione anche dall'atto costitutivo del condominio.

Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni.

Deve inoltre considerarsi che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari, in ragione unicamente della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è di per sé idoneo a far ritenere lo stato di fatto, così determinatosi, funzionale all'esercizio del possesso “ad usucapionem” essendo, per converso, comunque necessario, ai fini dell'usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla “res” da parte dell'interessato, attraverso un'attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che dimostri l'usucapione del bene (C. Cass. Sentenza n. 5335/2017, C. Cass. Sentenza n. 19478/2007).