Il presente focus ha l'obiettivo di analizzare quanto statuto dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 2154 del 29 gennaio 2021, nell'ambito di una vertenza in materia di locazione.
Nel caso di specie, un locatore intimava sfratto per morosità innanzi al Tribunale di Frosinone nei confronti del conduttore di immobile locato ad uso commerciale per il mancato pagamento, da parte di quest'ultimo, dei canoni di locazione.
Il conduttore si costituiva in giudizio eccependo di aver legittimamente sospeso il pagamento dei canoni di locazione, ai sensi dell'articolo 1460 c.c., essendo risultato l'immobile locato inidoneo allo svolgimento di attività commerciale poiché sprovvisto della certificazione d'uso e di agibilità.
Per la mancanza di tali certificazioni, il Comune aveva infatti contestato al conduttore l'esercizio dell'attività nella parte retrostante del locale.
Pertanto, il convenuto eccepiva di non aver potuto utilizzare tutte le parti dell'immobile, subendo così gravissimi danni per la sua attività d'impresa.
Per tale ragione il conduttore chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore, domanda accolta dal Tribunale di Frosinone.
Avverso tale pronuncia, il locatore proponeva ricorso innanzi alla Corte d'Appello di Roma, la quale ribaltava la sentenza di primo grado, dichiarando il contratto di locazione risolto per inadempimento del conduttore che veniva condannato al pagamento dei canoni insoluti.
Il conduttore proponeva dunque ricorso in Cassazione eccependo come il Giudice del gravame avesse posto a base della decisione fatti e circostanze non risultanti dagli atti, assumendo che il difetto di agibilità e di destinazione d'uso del locale non impediva l'uso dell'immobile.
Ad avviso del ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe dovuto analizzare il contenuto del contratto di locazione, interpretarlo ed individuare quali fossero gli interessi dedotti dalle parti.
La Suprema Corte ha premesso che, pur risultando indimostrato il conseguimento della destinazione d'uso e dell'agibilità dell'immobile, l'utilizzo del medesimo da parte del conduttore rendeva ingiustificato l'inadempimento dell'obbligo sullo stesso gravante di corrispondere il canone.
Tuttavia, ha rilevato che, in coerenza con il generale criterio di riparto dell'onere probatorio in tema di responsabilità da inadempimento delle obbligazioni contrattuali (C. Cass. SS.UU n. 13533/2001), a fronte dell'eccezione di inadempimento opposta dal conduttore, spettava al locatore dimostrare di avere correttamente e pienamente adempiuto all'obbligo di rendere l'immobile locato pienamente idoneo all'uso pattuito.
Con riferimento poi alle condizioni che legittimano il conduttore a sospendere, in tutto o in parte, il pagamento del canone, deve infatti ormai ritenersi abbandonato, nella più recente giurisprudenza (C. Cass. Sent. n. 20322/2019; C. Cass. Sent. n. 16917/2019; C. Cass. Sent. n. 16918/2019; C. Cass. Sent. n. 22039/2017), l'orientamento più rigoroso che, con riferimento al rapporto locativo, ritiene legittima la sospensione, anche parziale, della prestazione gravante sul conduttore solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte (C. Cass. Sent. n. 13133/2006; C. Cass. Sent. n. 7772/2004).
Tale orientamento, sostiene la Suprema Corte, non trova fondamento nell'articolo 1460 c.c., ma si rifà al principio di correttezza e buona fede oggettiva, ex artt. 1175 e 1375 c.c., in applicazione del quale la Corte di Cassazione, con l'ordinanza summenzionata, ha statuito che: “la condotta della parte inadempiente deve incidere sulla funzione economico – sociale del contratto, influire sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte e, perciò, deve legittimare casualmente e proporzionalmente la sospensione dell'adempimento dell'altra parte, in ottemperanza del principio di autotutela sancito dall'articolo 1460 c.c.”
Applicando il principio di correttezza e buona fede, le parti avrebbero dunque dovuto comportarsi reciprocamente con lealtà ed onestà nell'adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali, onestà invece venuta meno da parte del locatore, avendo egli concesso in locazione un immobile privo delle certificazioni necessarie per l'utilizzo dello stesso.
Detto inadempimento ha inevitabilmente influito sull'equilibrio contrattuale, essendosi trovato il conduttore a godere di un immobile inutilizzabile per lo svolgimento della propria attività commerciale.
Per tale ragione, la sospensione del pagamento dei canoni ad opera del ricorrente è stata ritenuta legittima sulla scorta di quanto statuito dall'articolo 1460 c.c.: “Ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria. Non può rifiutarsi l'esecuzione se il rifiuto è contrario alla buona fede.”
Pertanto la Corte di Cassazione ha accolto, con l'ordinanza suindicata, il ricorso proposto dal conduttore.