La registrazione del contratto di locazione ad uso abitativo stipulato in forma verbale non sana il vizio di forma.

24/11/2020 15:27:24
di Dott.ssa Martina Rubini - News
La registrazione del contratto di locazione ad uso abitativo stipulato in forma verbale non sana il vizio di forma.

Si vuole segnalare una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 8111 del 23 aprile 2020, si è pronunciata in tema di registrazione del contratto di locazione.

Nel caso di specie due coniugi, a fronte dello sfratto per morosità che gli era stato intimato in relazione ad un immobile ad uso abitativo, proponevano opposizione eccependo di aver registrato il contratto di locazione, stipulato verbalmente, nonchè di aver versato il canone ai sensi dell'articolo 3, comma 8, D.lgs n. 23/2011 il quale, prima di essere dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 50/2014, prevedeva una specifica disciplina per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non registrati entro il termine stabilito dalla legge.

Detto articolo riconosceva la possibilità di registrare i contratti di locazione “comunque stipulati”, senza attribuire dunque alcuna importanza al fatto che questi fossero stati stipulati in forma scritta o verbale.

L'articolo 3, comma 8 in questione, prima della sua abrogazione causa incostituzionalità dello stesso, statuiva infatti che: “Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo comunque stipulati che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'art. 2, comma 1, della Legge n. 431/1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell'aumento degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.”

Il Tribunale di Savona, una volta appurato che il contratto era stato concluso meramente in forma verbale, aveva dichiarato la nullità dello stesso per carenza di forma scritta, condannando i coniugi sia al rilascio dell'immobile che al risarcimento dei danni.

I soccombenti proponevano dunque impugnazione innanzi la Corte d'Appello di Genova.

Con quest'ultima i ricorrenti sostenevano che la registrazione del contratto aveva sanato la nullità dello stesso per vizio di forma scritta; la Corte d'Appello, ritenendo infondato l'assunto degli appellanti, rigettava il gravame.

Successivamente i consorti proponevano dunque ricorso in Cassazione lamentando come la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 50/2014, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 8, Dlgs n. 23/2011 succitato, nulla aveva statuito riguardo agli effetti temporali dell'avvenuta registrazione del contratto verbale.

I ricorrenti sostenevano non solo che l'avvenuta registrazione del contratto di locazione aveva determinato l'esistenza di un rapporto di locazione ad uso abitativo diverso da quello originariamente instaurato, ma anche che l'intervenuta abrogazione del D.lgs n. 23/2011 suindicato non aveva inciso sul contratto, lasciando indenne la registrazione dello stesso.

Il Giudice delle leggi, invece, con la Sentenza n. 50/2014 ha dichiarato illegittimo il meccanismo sanzionatorio previsto dall'art. 3, comma 8, Dlgs 23/2011, semplicemente perchè introdotto con un decreto delegato, in carenza di delega, violando dunque quanto statuito dall'art. 76 Costituzione; infatti l'esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normativa vigente è ammesso solo nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la sua discrezionalità.

Ciò posto, ad avviso della Corte Costituzionale, la disciplina sanzionatoria introdotta dall'art. 3, comma 8 summenzionato, era eccedente rispetto al contenuto della legge delega essendo quest'ultima solo diretta a stabilire i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nonché diretta a disciplinare l'istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo dei territori con minore capacità fiscale.

Inoltre la Corte Costituzionale, riprendendo quanto statuito dall'art. 10, comma 3, della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), il quale prevede che: “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”, ha ritenuto che la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non possa legittimare una novazione quanto a canone e durata.

In ragione di ciò, la giurisprudenza di legittimità, con l'ordinanza che oggi si porta all'attenzione del lettore, ha ritenuto infondato il motivo di ricorso in Cassazione escludendo che la registrazione effettuata dai ricorrenti in epoca antecedente alla declatoria di incostituzionalità sia valsa a sanare l'originario vizio di forma del contratto, rendendolo dunque insensibile alla successiva pronuncia di incostituzionalità.

Con l'ordinanza n. 8111/2020 summenzionata, dunque, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarando nullo il contratto stipulato in forma verbale.