La presente rassegna ha lo scopo di analizzare quanto statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 28649 del 15 dicembre 2020, nell'ambito di una vertenza in materia di separazione.
Nel caso di specie il Tribunale di Venezia aveva pronunciato la separazione personale di due coniugi, riconoscendo alla moglie l'assegno di mantenimento.
La moglie, producendo una precedente scrittura privata sottoscritta dai due coniugi, proponeva reclamo innanzi alla Corte d'Appello, sostenendo che la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi doveva essere equiparata a quanto accordato nella scrittura privata precedentemente sottoscritta.
Il Giudice del gravame riteneva che l'atto non costituiva in nessun modo accordo idoneo a regolamentare una separazione consensuale tra le parti e tantomeno il procedimento contenzioso, in quanto si trattava di una mera puntuazione in vista di un possibile accordo di separazione consensuale, mai perfezionato dalle parti.
La Corte d'Appello confermava dunque la congruità dell'assegno di mantenimento disposto dal Giudice di primo grado.
Avverso tale pronuncia la moglie proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che la scrittura privata costituiva un accordo sul contenuto sostanziale del rapporto tra i coniugi, dal contenuto obbligatorio e giuridicamente vincolante, rispetto al quale la separazione si qualificava solo come eventuale.
Riteneva inoltre che la scrittura privata costituisse una transazione contenente un contratto atipico di mantenimento e rimarcava, infine, che l'accordo aveva avuto attuazione immediata ed era proseguito anche durante il giudizio di separazione sino alla sentenza di primo grado.
La Corte di Cassazione ha rilevato che l'accordo di separazione era stato definito dai coniugi come un “accordo programmatico”.
La Corte inoltre ha disatteso la tesi avanzata dalla ricorrente secondo la quale l'atto integrava un accordo di separazione consensuale perfezionato e valido, avendo accertato che l'atto in questione non costituiva un accordo idoneo a regolamentare nè una separazione consensuale, nè la separazione giudiziale intrapresa.
La Suprema Corte ha, quindi, affermato che tale atto non poteva significare la rinuncia delle parti ad esercitare l'azione di separazione giudiziale, nè obbligarli a stipulare una separazione consensuale: da ciò ha desunto "l'assenza di valore giuridico vincolante rispetto alla fattispecie dedotta nel giudizio che origina invece da un ricorso per separazione giudiziale", rimarcando in proposito sia la diversa natura della separazione giudiziale rispetto a quella consensuale, sia la considerazione che le precisazioni ivi contenute in vista di un componimento bonario della vicenda non potevano essere "decontestualizzate", ossia utilizzate per un fine diverso da quello perseguito, nell'ambito di un procedimento contenzioso.
Ha quindi ritenuto che la Corte di appello, avendo accertato che l'atto era una "puntuazione" in vista di un futuro accordo di separazione consensuale non realizzato - e non già la ricorrenza di pattuizioni autonome non preordinate al regime di separazione consensuale - ha correttamente ritenuto l'"accordo programmatico" privo dell'invocata efficacia giuridica nel giudizio de quo.
Per le ragioni suesposte la Corte di Cassazione, con la sentenza suindicata, ha rigettato il ricorso proposto dalla moglie statuendo che: “Il regolamento concordato fra i coniugi ed avente ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali, pur trovando la sua fonte nell'accordo delle parti, acquista efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione, al quale compete l'essenziale funzione di controllare che i patti intervenuti siano conformi ai superiori interessi della famiglia; ne consegue che, potendo le predette pattuizioni divenire parte costitutiva della separazione solo se questa è omologata, secondo la fattispecie complessa cui dà vita il procedimento di cui all'art. 711 c.p.c. in relazione all'art. 158 c.c., comma 1, in difetto di tale omologazione le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica, a meno che non si collochino in una posizione di autonomia in quanto non collegate al regime di separazione consensuale.”