“In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dall’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi”.
Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 11748 del 03 maggio 2019.
Com’è noto, il compratore, a fronte di un vizio che renda la cosa inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuisca in modo apprezzabile il valore, dopo aver denunciato nei termini di legge, può esercitare le cd. azioni edilizie, ovvero può richiedere la risoluzione del contratto (cd. azione redibitoria) o la riduzione del prezzo (cd. azione estimatoria), salvo in ogni caso il risarcimento del danno.
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 11748/2019 hanno risolto il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla questione se nell’ambito delle azioni edilizie gravi sul compratore l’onere di provare l’esistenza di vizi o gravi sul venditore l’onere di provare di aver consegnato una cosa immune dai vizi.
La giurisprudenza di legittimità fino al 2013 è stata unanime nell’attribuire al compratore il relativo onore probatorio (a titolo esemplificativo v. Cass. n. 18125/2013, Cass. n. 13695/2007).
Successivamente, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20110/2013 - richiamando i principi espressi dalle S.U. con sentenza n. 13522/2001 in materia di prova dell’inesatto adempimento delle obbligazioni nelle ordinarie azioni contrattuali di adempimento, risoluzione e risarcimento del danno - ha ribaltato l’orientamento maggioritario sostenendo che, anche in caso di compravendita, si applica il principio secondo cui il compratore deve dimostrare solo la fonte (negoziale o legale) del suo diritto allegando semplicemente l’inadempimento, mentre grava sul venditore l’onere di dimostrare di aver consegnato la cosa e che quest’ultima era priva di vizi o difetti. Ne deriva, secondo tale orientamento, che la consegna di una cosa viziata rappresenta un inesatto adempimento di un’obbligazione del venditore.
Il ragionamento seguito dalle Sezioni Unite per risolvere tale contrasto prende le mosse dall’art. 1476 c.c. disciplinante le obbligazioni principali del venditore, tra le quali rientra quella di consegnare la cosa al compratore. Null’altro viene disciplinato dalla disposizione in esame in merito alla consegna da parte del venditore.
Ne deriva quindi che“la disciplina della compravendita non pone a carico del venditore nessun obbligo di prestazione relativo all’immunità della cosa venduta”. Conseguentemente se è vero che il venditore ha l’obbligo di consegnare la cosa, è altrettanto vero, seguendo il ragionamento delle Sezioni Unite, che il venditore non è tenuto a consegnare un bene esente da vizi; per cui “la consegna di una cosa viziata costituisce non inadempimento di una obbligazione, ma imperfetta attuazione del risultato traslativo promesso”.
Questo è l’argomento principale su cui le Sezioni Unite si basano per non aderire all’orientamento minoritario, posto che il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza minoritaria era riferibile unicamente all’ipotesi di inadempimento di un’obbligazione, circostanza quest’ultima che non si verifica, come indicato sopra, con la consegna da parte del venditore di una cosa viziata.
In altre parole, nelle azioni edilizie il riparto dell’onere della prova tra compratore e venditore deve essere risolto sulla base del disposto di cui all’art 2697 c.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Ne consegue, dunque, che l’onere di provare i vizi della cosa è addossato al compratore che esercita l’azione redibitoria o estimatoria.