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Family act a sostegno delle famiglie durante l'emergenza sanitaria per Covid-19.

Si vuole focalizzare l'attenzione sul disegno di legge delega approvato l'11 luglio 2020 dal Consiglio dei Ministri, ossia sul c.d. Family act, contenente misure idonee ad aiutare famiglie con figli e giovani coppie attraverso incentivi e detrazioni fiscali.

Di seguito verranno analizzate le misure più rilevanti previste dal disegno di legge summenzionato, alcune già contenute nella Legge di Bilancio n. 178/2020.

1) Assegno universale. L'assegno universale costituisce un beneficio economico attribuito a tutti i nuclei famigliari con figli a carico che, con l'approvazione della legge di Bilancio n. 178/2020, potrà essere richiesto a partire dall'01 luglio 2021.

Detto assegno ha un importo minimo per tutti i nuclei famigliari con uno o più figli, cui viene aggiunta una quota ulteriore e variabile determinata per scaglioni dall'indicatore della situazione economica equivalente.

L'assegno universale viene attribuito mensilmente mediante la corresponsione diretta di una somma di denaro ovvero mediante il riconoscimento di un credito da utilizzare in compensazione dei debiti di imposta.

E' attribuito per ciascun figlio, fino ai 21 anni di età.

In caso di figlio successivo al secondo, l'importo dell'assegno universale è maggiorato del 20%.

L'assegno è riconosciuto a decorrere dal settimo mese di gravidanza e non concorre a formare il reddito complessivo. 

Dai 18 anni ai 21 l'assegno unico verrà corrisposto ma avrà un importo inferiore di quello riconosciuto ai minorenni; inoltre, verrà corrisposto solo per i giovani che frequentano percorsi di formazione scolastica, universitaria o professionale, tirocini o percorsi lavorativi a basso reddito, che si trovano in stato di disoccupazione oppure prestano il servizio civile universale.

Per i genitori con figli disabili a carico, invece, l'assegno continuerà ad essere corrisposto anche dopo il compimento dei 21 anni ma senza maggiorazioni.

Per poter richiedere il suindicato assegno i genitori devono essere cittadini italiani o di uno stato membro; se non appartenenti all'Unione Europea, devono essere titolari di un permesso di soggiorno di un lungo periodo, residenti in Italia da almeno due anni, anche se non continuativi, titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato con una durata di almeno due anni e, infine, con figli a carico in Italia.

2) Congedo parentale. Il Governo ha introdotto, con la Legge di Bilancio summenzionata, modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e con le forme stabilite dalla contrattazione collettiva applicata al settore.

Si è introdotto, infatti, previo preavviso al datore di lavoro, il diritto dei genitori lavoratori di usufruire di un permesso retribuito, della durata di almeno 5 ore nell'arco dell'anno, per recarsi al colloquio con i professori e partecipare in maniera attiva al percorso di crescita dei propri figli.

Il Governo, con successivi decreti attuativi, intende inoltre stabilire un periodo minimo non inferiore a 2 mesi di congedo parentale non cedibile all'altro genitore per ciascun figlio.

Si sono inoltre introdotte altre misure, quali:

a) periodo di congedo obbligatorio non inferiore a 10 giorni lavorativi per il padre lavoratore nei primi mesi di nascita del figlio;

b) diritto al congedo concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del genitore lavoratore;

c) diritto al congedo di paternità non subordinato ad una determinata anzianità lavorativa e di servizio;

d) ragionevole periodo di preavviso che il lavoratore deve dare al datore di lavoro al fine di esercitare il diritto al congedo di paternità;

e) diritto al congedo di paternità garantito a parità di condizioni anche nella pubblica amministrazione con eguali misure rispetto a quelle garantite nel settore privato;

f) misure specifiche che stabiliscano un'estensione della disciplina sui congedi parentali anche al lavoratori autonomi.

3) Incentivi al lavoro femminile. Al fine di rafforzare ed incentivare il lavoro femminile il Governo ha approvato e adotterà con successivi decreti attuativi, le seguenti misure:

a) indennità integrativa delle retribuzioni per le madri lavoratici erogata dall'INPS;

b) percentuale di detraibilità ovvero la deducibilità delle spese per addetti ai servizi domestici e all'assistenza di familiari assunti con contratto di lavoro subordinato;

c) modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di astensione nel caso di malattia del figlio;

d) forme incentivanti per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali che stabiliscano modalità di lavoro flessibile con facoltà dei lavoratori di richiedere il ripristino degli originari accordi contrattuali;

e) riconosciuta ai genitori con figli di età inferiore ai 14 anni la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile;

f) quota di riserva, della dotazione del Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese, per l'avvio delle nuove imprese start up femminili e l'accompagnamento delle stesse per i primi due anni.

4) Autonomia e protagonismo giovanile. In ultimo, le misure che il Governo intende adottare per rafforzare l'autonomia giovanile:

a) sostenere le famiglie, mediante detrazioni fiscali delle spese documentabili sostenute per l'acquisto dei libri universitari per ciascun figlio maggiorenne a carico, iscritto ad un corso universitario, che non goda di altre forme di sostegno per l'acquisto di testi universitari;

b) sostenere le famiglie, mediante detrazioni fiscali delle spese documentali relative al contratto di affitto di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti ad un corso universitario;

c) sostenere le giovani coppie, composte da soggetti ambedue di età non superiore a 35 anni al momento della presentazione della domanda, mediante agevolazioni fiscali, per l'affitto della prima casa.

Queste le principali misure previste dal disegno di legge delega, c.d Family Act: con dette misure infatti il Governo intende offrire sostegno ai genitori con figli nonché alle nuove generazioni che frequentano studi universitari o si apprestano a vivere le prime esperienze di convivenza con i propri partner.

Dette misure sono già state approvate dal Governo e in parte attuate dalla Legge di Bilancio n. 178/2020; si attende comunque la pubblicazione dei rispettivi decreti attuativi.

 


La registrazione del contratto di locazione ad uso abitativo stipulato in forma verbale non sana il vizio di forma.

Si vuole segnalare una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 8111 del 23 aprile 2020, si è pronunciata in tema di registrazione del contratto di locazione.

Nel caso di specie due coniugi, a fronte dello sfratto per morosità che gli era stato intimato in relazione ad un immobile ad uso abitativo, proponevano opposizione eccependo di aver registrato il contratto di locazione, stipulato verbalmente, nonchè di aver versato il canone ai sensi dell'articolo 3, comma 8, D.lgs n. 23/2011 il quale, prima di essere dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 50/2014, prevedeva una specifica disciplina per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non registrati entro il termine stabilito dalla legge.

Detto articolo riconosceva la possibilità di registrare i contratti di locazione “comunque stipulati”, senza attribuire dunque alcuna importanza al fatto che questi fossero stati stipulati in forma scritta o verbale.

L'articolo 3, comma 8 in questione, prima della sua abrogazione causa incostituzionalità dello stesso, statuiva infatti che: “Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo comunque stipulati che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'art. 2, comma 1, della Legge n. 431/1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell'aumento degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.”

Il Tribunale di Savona, una volta appurato che il contratto era stato concluso meramente in forma verbale, aveva dichiarato la nullità dello stesso per carenza di forma scritta, condannando i coniugi sia al rilascio dell'immobile che al risarcimento dei danni.

I soccombenti proponevano dunque impugnazione innanzi la Corte d'Appello di Genova.

Con quest'ultima i ricorrenti sostenevano che la registrazione del contratto aveva sanato la nullità dello stesso per vizio di forma scritta; la Corte d'Appello, ritenendo infondato l'assunto degli appellanti, rigettava il gravame.

Successivamente i consorti proponevano dunque ricorso in Cassazione lamentando come la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 50/2014, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 8, Dlgs n. 23/2011 succitato, nulla aveva statuito riguardo agli effetti temporali dell'avvenuta registrazione del contratto verbale.

I ricorrenti sostenevano non solo che l'avvenuta registrazione del contratto di locazione aveva determinato l'esistenza di un rapporto di locazione ad uso abitativo diverso da quello originariamente instaurato, ma anche che l'intervenuta abrogazione del D.lgs n. 23/2011 suindicato non aveva inciso sul contratto, lasciando indenne la registrazione dello stesso.

Il Giudice delle leggi, invece, con la Sentenza n. 50/2014 ha dichiarato illegittimo il meccanismo sanzionatorio previsto dall'art. 3, comma 8, Dlgs 23/2011, semplicemente perchè introdotto con un decreto delegato, in carenza di delega, violando dunque quanto statuito dall'art. 76 Costituzione; infatti l'esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normativa vigente è ammesso solo nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la sua discrezionalità.

Ciò posto, ad avviso della Corte Costituzionale, la disciplina sanzionatoria introdotta dall'art. 3, comma 8 summenzionato, era eccedente rispetto al contenuto della legge delega essendo quest'ultima solo diretta a stabilire i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nonché diretta a disciplinare l'istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo dei territori con minore capacità fiscale.

Inoltre la Corte Costituzionale, riprendendo quanto statuito dall'art. 10, comma 3, della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), il quale prevede che: “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”, ha ritenuto che la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non possa legittimare una novazione quanto a canone e durata.

In ragione di ciò, la giurisprudenza di legittimità, con l'ordinanza che oggi si porta all'attenzione del lettore, ha ritenuto infondato il motivo di ricorso in Cassazione escludendo che la registrazione effettuata dai ricorrenti in epoca antecedente alla declatoria di incostituzionalità sia valsa a sanare l'originario vizio di forma del contratto, rendendolo dunque insensibile alla successiva pronuncia di incostituzionalità.

Con l'ordinanza n. 8111/2020 summenzionata, dunque, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarando nullo il contratto stipulato in forma verbale.


La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili sino al 30 giugno 2020.

Con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 sono state varate disposizioni dirette a regolare una serie di settori della vita e della società in Italia in relazione all’epidemia in corso provocata dal coronavirus.

Tra le altre, vi è la previsione del comma 6 dell’art. 103 del decreto con cui si dispone che “l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”. 

Ancorché la rilevanza e gli effetti della disposizione possano apparire di importanza minore rispetto a quelli di molte altre previsioni del decreto-legge può essere utile esaminare la portata e gli effetti della norma. Ciò anche in considerazione dello specifico contenuto della disposizione che - come vedremo - presenta profili di novità rispetto ai provvedimenti della medesima natura intervenuti nel passato. 

 L’ambito di applicazione della disposizione

La sospensione in esame - essendo destinata ad operare nei confronti di tutti i titoli esecutivi di rilascio costituiti da un provvedimento giudiziale - concerne tutti i provvedimenti quale che sia il rapporto che essi definiscano o al quale si riferiscano, e dunque non è limitata ai soli provvedimenti che derivino da un contratto di locazione

Può ritenersi pertanto che la sospensione sia destinata a trovare applicazione quale che sia la specifica natura del provvedimento: sentenza; ordinanza; decreto.

La sospensione riguarderà pertanto i casi che qui di seguito si elencano pur soltanto in via esemplificativa: 

- in generale tutti i casi in cui l’ordine di rilascio di un immobile sia impartito da un provvedimento giudiziario quale conseguenza della dichiarazione di invalidità o di inesistenza del titolo in forza del quale fossero stati acquisiti il possesso o la detenzione di un immobile;  

- i titoli esecutivi giudiziali che derivino dalla risoluzione di qualunque altro contratto in virtù del quale siano stati acquisiti la detenzione o il possesso di un immobile (per esempio dalla risoluzione un contratto di comodato);  

- i casi in cui si tratti di eseguire un provvedimento giudiziale di rilascio di un immobile detenuto senza titolo

- i provvedimenti con cui il giudice dell’esecuzione immobiliare disponga - ai sensi dell’art. 560 c.p.c. o ai sensi dell’art. 586 c.p.c. - il rilascio del bene immobile oggetto dell’esecuzione (da sottolineare che anche le ipotesi ora indicate si realizzano attraverso il procedimento di esecuzione forzata previsto dagli artt. 605 ss. c.p.c., v. Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2013, n. 5384); 

- i provvedimenti giudiziali che (come per esempio il provvedimento che disponga lo scioglimento della comunione con assegnazione ai singoli partecipanti di beni determinati) contengano implicitamente l’ordine di rilascio (nel caso che ora si è indicato deve ritenersi che l’ordine di rilascio sia impartito ad ogni partecipante che occupi il bene assegnato ad altri); 

- i provvedimenti con cui si disponga l’assegnazione della casa coniugale nel caso di separazione (art. 337-sexies c.c.) o di divorzio (art. 6, l. 1 dicembre 1970, n. 898). 

Resta invece aperto il quesito se la sospensione trovi applicazione nei confronti dei provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. il cui contenuto sia costituito dall’ordine di rilascio di un immobile: va al proposito considerato da un lato che la formulazione tanto ampia della norma potrebbe fare pensare che anche questa fattispecie sia compresa nella disposizione di sospensione, ma d’altro lato che la stessa intrinseca natura del provvedimento d’urgenza sembrerebbe incompatibile con la sospensione. Un elemento che potrebbe aiutare a dare soluzione alla questione potrebbe forse ricavarsi dalla considerazione che per l’attuazione dei provvedimenti d’urgenza non è necessario fare ricorso alle forme procedimentali proprie del processo di esecuzione forzata, avvenendo invece tale attuazione (in base a quanto dispone l’art. 669-duodecies c.p.c.), nel caso in cui si tratti di provvedimento che abbia ad oggetto la consegna o il rilascio, in via immediata e senza il rispetto delle forme di cui agli artt. 605 ss. c.p.c. “sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione” (Tribunale Roma 11 aprile 2002). 

Concentrando l’attenzione sui provvedimenti di rilascio che derivino da rapporti di locazione deve ritenersi che, dal momento che la previsione della norma è formulata in termini assai generici, la sospensione troverà applicazione anche nel caso dei provvedimenti che dispongano il rilascio in relazione alla morosità del conduttore.  

Da notare però che sotto questo profilo il provvedimento in esame presenta carattere di vera e propria novità: infatti i provvedimenti normativi che nel passato avevano disposto la sospensione o la proroga delle esecuzioni degli sfratti non avevano riguardato gli sfratti per morosità (si consideri - quale esempio più recente in questo senso - la proroga delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio che è stata disposta dall’art. 8, comma 10-bis, l. 27 febbraio 2015, n. 11, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge “milleproroghe” n. 192 del 31 dicembre 2014 n. 192, proroga che riguardava appunto solamente i provvedimenti basati sulla finita locazione). 

E’ di tutta evidenza peraltro che il fatto che la sospensione oggi disposta trovi applicazione anche nei confronti dei provvedimenti di rilascio basati sulla morosità del conduttore può dare luogo a problemi delicati. Potrà accadere infatti che l’immobile - in conseguenza della sospensione - continui ad essere occupato dal conduttore che però non paghi il canone al locatore, il quale a sua volta però, in ragione della sospensione della quale stiamo discorrendo, non possa - pur avendo ottenuto un provvedimento giudiziale di rilascio - ottenere l’esecuzione coattiva del rilascio. Di fatto sarebbe così imposto al locatore di farsi carico e di subire individualmente in chiave economica le conseguenze della situazione di difficoltà derivata dall’epidemia (né - si noti - è stata prevista l’attribuzione di alcun indennizzo o ristoro al locatore nel caso in cui nulla gli sia corrisposto dal conduttore per il periodo di protrazione coattiva dell’occupazione dell’immobile).   

Da aggiungere - restando nel campo della locazione - che l’ampiezza della previsione in esame rende indifferente che l’immobile del cui rilascio si tratti sia oggetto eventualmente di locazione ad uso foresteria o anche di locazione turistica (ipotesi entrambe di locazione che non sono soggette alla disciplina della l. n. 431/1998): ai fini dell’applicazione della sospensione, quale che sia la natura del contratto di locazione di cui l’immobile fosse oggetto, l’unica cosa che conta è che di esso sia stato disposto il rilascio con un provvedimento del giudice.   

Da osservare poi che la norma precisa - con riguardo agli immobili compresi nell’ambito della sua applicazione - che la sospensione riguarda i provvedimenti di rilascio relativi a tutti gli immobili, anche agli immobili non abitativi.  

La durata della sospensione.

Un profilo della disposizione in esame che può suscitare qualche perplessità è costituito dal periodo di durata della sospensione.  

Non è chiara infatti la ragione per la quale la sospensione sia stata disposta fino al 30 giugno 2020.  

Si noti che l’art. 83 del decreto-legge dispone che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020” e che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”. Peraltro, lo stesso art. 103 del decreto-legge (l’articolo all’interno del quale è collocata la disposizione che stiamo esaminando) dispone che “ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020”.  

Come si vede, il termine previsto da tutte le disposizioni ora ricordate è sempre quello del 15 aprile: non è chiaro pertanto perché la norma in esame fissi un termine diverso con indicazione di un periodo di sospensione più ampio di quello corrispondente alla sospensione dell’attività relativa ai procedimenti giudiziari.     

Possiamo tirare le fila delle brevi considerazioni che abbiamo svolto fino ad ora.  Da quanto abbiamo potuto osservare emerge che: 

- la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio disposta dal decreto-legge “Cura Italia” (d.l. n. 18/2020) ha una portata assai ampia ed è destinata a trovare applicazione relativamente all’esecuzione di ogni provvedimento giudiziario che disponga il rilascio di qualsiasi immobile, non solo abitativo ma anche non abitativo;

- si tratta di iniziativa di grande ampiezza quale mai in precedenza era stata assunta: essa - tra l’altro - trova applicazione, come mai era accaduto nel passato, anche nel caso degli sfratti per morosità;

- sul piano concreto, la sospensione impedisce il compimento di ogni atto diretto all’esecuzione del rilascio, ad iniziare dalla notificazione dell’atto di preavviso di sloggio di cui all’art. 608 c.p.c.;

- deve ritenersi peraltro che il termine di efficacia dell’atto di precetto di rilascio che sia stato notificato prima della data di inizio del periodo di sospensione resti sospeso durante tale periodo e riprenda il suo decorso al termine di questo

 

 


PENSIONE INVALIDI CIVILI TOTALI: LA CORTE COSTITUZIONALE HA SANCITO CHE € 285,66 MENSILI SONO INSUFFICIENTI A SODDISFARE LE ESIGENZE PRIMARIE DI VITA, COSI’ INNALZANDO A € 516,46 L’IMPORTO MENSILE.

Secondo il Giudice delle Leggi, le pensioni di invalidità da € 285,66 mensili sono anticostituzionali e devono ritenersi manifestamente inadeguate a garantire a persone totalmente inabili al lavoro il c.d. mantenimento del minimo vitale, diritto costituzionalmente tutelato dall’art. 38 della Costituzione, secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”.

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Infortunio sul lavoro per contagio da Covid-19.

Con la rassegna odierna si vuole far luce sulle istruzioni operative impartite dall'Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ovverosia l'Inail, con la circolare n. 13/2020, istruzioni da adottare ogniqualvolta un lavoratore assicurato subisca contagio da Covid-19 durante l'espletamento della propria attività lavorativa.

E' innanzitutto importante premettere che l'Inail è un ente pubblico economico che gestisce l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali solo nei confronti di alcune categorie di lavoratori, tra i quali rientrano: i lavoratori dipendenti, i lavoratori parasubordinati, gli sportivi professionisti dipendenti ed i lavoratori appartenenti all'area dirigenziale.

Premesso ciò, ogniqualvolta l'evento che colpisce il lavoratore sia determinato dall'azione di fattori virali, l'Istituto qualifica detto evento quale infortunio sul lavoro; detto evento però, deve essere caratterizzato dalla presenza di tre requisiti, di seguito menzionati.

Il primo requisito si identifica nella causa violenta, ossia in un'azione rapida ed intensa che, agendo dall'esterno verso l'interno dell'organismo, altera l'equilibrio di quest'ultimo.

Il secondo requisito deve estrinsecarsi nell'occasione di lavoro, la quale sussiste ogniqualvolta l'evento si verifichi durante l'adempimento della prestazione lavorativa.

Essendo arduo per il lavoratore fornire la prova che il contagio sia avvenuto sul luogo di lavoro, l'Inail ha riconosciuto in favore di alcune categorie di lavoratori, quali gli operatori sanitari, una presunzione semplice di origine professionale, essendo elevata la probabilità che il soggetto sia stato contagiato durante l'espletamento dell'attività lavorativa.

Infine, l'ultimo requisito si identifica nella lesione, la quale deve necessariamente derivare dall'infortunio e comportare l'astensione del lavoratore dal luogo di lavoro per più di tre giorni.

L'Istituto chiarisce, nella circolare summenzionata, che una volta contratto il virus Covid-19, il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il proprio datore di lavoro, il quale dovrà obbligatoriamente denunciare detto infortunio all'Inail stesso, entro due giorni da quello in cui ne ha avuto notizia.

Successivamente sarà onere del medico certificatore redigere il certificato di infortunio, onde poter trasmettere quest'ultimo all'Istituto telematicamente.

Sulla scorta di quanto esposto dalla circolare n. 13/2020, però, affinchè il contagio da Covid-19 possa essere qualificato quale infortunio sul lavoro è necessario dimostrare la positività del test di conferma, la quale rappresenta il momento della regolarizzazione del caso, con decorrenza dal momento dell'attestata assenza dal lavoro; l'assenza di infezione, infatti, determina la non ammissione alla tutela per mancanza dell'evento tutelato.

Una volta accertata la presenza dell'infortunio da Covid-19 l'Inail provvede, non oltre il ventesimo giorno dall'infortunio, ad erogare l'indennità per l'inabilità temporanea assoluta, la quale determina, come sopra specificato, l'astensione del lavoratore dal luogo di lavoro per almeno tre giorni consecutivi.

L'Istituto tutela, dunque, l'intero periodo di quarantena e quello eventualmente successivo dovuto al prolungamento della malattia.

Se, al termine del periodo di inabilità temporanea assoluta, residua una lesione all'integrità psico-fisica del lavoratore, l'Inail garantisce un indennizzo in capitale per le menomazioni comprese tra il 6% ed il 15%, oppure un indennizzo di rendita per le menomazioni comprese tra il 16% ed il 100%.

In caso di decesso del lavoratore assicurato, invece, l'Istituto eroga una rendita ai superstiti in favore del coniuge e/o dei figli sino a 18 anni ovvero, in loro mancanza, di altre categorie di familiari quali ascendenti, adottanti, fratelli o sorelle.

Con l'ammissione dell'infortunio alla tutela sociale gestita dall'Inail, inoltre, il datore di lavoro gode del parziale esonero dalla responsabilità civile, il quale viene meno solo nel caso in cui il fatto illecito da egli commesso integri un reato perseguibile d'ufficio.

La regola del parziale esonero non opera però per i pregiudizi estranei alla tutela sociale, non indennizzati dall'Istituto, come il pregiudizio morale o il danno biologico temporaneo, per i quali il danneggiato conserva il diritto a pretendere il risarcimento integrale.

L'ammissione alla tutela Inail, dunque, soddisfa il diritto del lavoratore di ricevere una tempestiva riparazione del danno senza aggravare la posizione del datore di lavoro, sul quale ricade l'obbligo del risarcimento integrale del danno cagionato solo in caso di fatto illecito a lui imputabile.

Queste, dunque, le tutele e misure adottate dall'Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro con la circolare n. 13/2020 suindicata.