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EMERGENZA COVID-19: SOSPENSIONE DEI TERMINI IN MATERIA PREVIDENZIALE ED ASSISTENZIALE

Con la circolare n. 50 del 04.04.2020 che si rimette in allegato, l’I.N.P.S. è intervenuta a fornire i primi chiarimenti rendendo noto all’utenza che “dal 23 febbraio al 1° giugno 2020 è sospesa la decorrenza dei termini decadenziali per l’esperimento dell’azione giudiziaria e per la presentazione delle domande di prestazioni previdenziali, inclusi quelli previsti per la presentazione delle domande di riconoscimento dei requisiti e delle condizioni per il diritto a dette prestazioni […]”.

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La possibilità di percepire il reddito di cittadinanza incide sulla concessione dell'assegno di divorzio.

A seguito dell'introduzione del reddito di cittadinanza, entrato in vigore con la Legge n. 26 del 29 marzo 2019, ci si chiedeva quanto detta normativa potesse incidere sulla disciplina della concessione dell'assegno divorzile.

La questione è stata affrontata dal Tribunale di Frosinone, con Sentenza del 18 febbraio 2020, con la quale ha statuito che non può essere concesso l'assegno di divorzio al coniuge che percepisce o possa percepire il reddito di cittadinanza.

Nel caso di specie, la moglie/richiedente presentava ricorso al Tribunale summenzionato affinchè quest'ultimo dichiarasse la cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ponesse in capo al marito l'obbligo di corrisponderle l'assegno di divorzio.

La richiedente sottolineava come il suo reddito da lavoro fosse insufficiente a soddisfare i propri bisogni, necessitando dunque di aiuti economici che le venivano corrisposti mensilmente e dai propri familiari e da enti pubblici.

Il marito/resistente contestava la richiesta formulata, precisando come la moglie/richiedente fosse in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla norma suindicata per poter chiedere ed ottenere il reddito di cittadinanza: in questo modo la moglie avrebbe percepito un reddito congruo e, conseguentemente, sarebbe venuto meno il diritto della stessa di vedersi corrisposto l'assegno divorzile.

Sul punto, il Giudicante sottolineava, riportandosi a quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con Sentenza n. 18287/2018, che l'assegno di divorzio è dotato di natura assistenziale, compensativa e perequativa.

Quest'ultimo, dunque, può essere corrisposto solo nel caso in cui il richiedente disponga di insufficienti o inadeguati mezzi economici: per questa ragione il diritto all'assegno di divorzio viene meno laddove il reddito percepito o percepibile dal richiedente sia congruo.

Ciò posto, era quindi necessario valutare, nel caso di specie, la capacità reddituale della richiedente l'assegno divorzile, tenendo conto di ogni reddito ad essa disponibile.

Il Giudice del merito, dunque, riprendendo una serie di pronunce emesse dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 1730/2015; Sent. n. 13026/2014; Sent. n. 17199/2013), riteneva come nella nozione di reddito disponibile dovessero ricomprendersi “le elargizioni da parte dei familiari che si protraggono in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità”, nonché “tutti quegli elementi fattuali apprezzabili in termini economici che incidono sulle condizioni economiche delle parti”, tra le quali può annoverarsi il reddito di cittadinanza.

Nel caso oggetto della vertenza menzionata, infatti, la richiedente si trovava in condizioni tali da poter ottenere benefici pubblici in misura addirittura superiore al reddito percepito, in quanto in possesso dei requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza; quest'ultimo, precisava il Giudice, poteva essere considerato come reddito congruo, sulla scorta di quanto statuito dalla Cassazione a Sezioni Unite summenzionata.

Il Tribunale di Frosinone, dunque, con la Sentenza citata all'inizio della presente rassegna, rigettava la richiesta sollevata dalla moglie/richiedente di vedersi corrisposto l'assegno divorzile in quanto dotata dei requisiti richiesti dalla Legge n. 26/2019 per poter ottenere il reddito di cittadinanza.


Emergenza Covid-19 e diritto/dovere di visita dei figli: sono legittimi gli spostamenti per far visita ai figli?

A seguito delle svariate richieste pervenute dai  clienti, con la presente notizia la finalità perseguita è quella di fornire un quadro d’insieme delle attuali disposizioni governative in punto al tema in oggetto e delle primissime pronunce della Giurisprudenza di merito che sono state emesse.

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Se la dinamica del sinistro è incerta si applica la presunzione di corresponsabilità.

La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 7479 del 20 marzo 2020, ha statuito quanto segue: “In tema di scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall'articolo 2054, comma 2 del codice civile ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro.”

Nel caso di specie, un veicolo (rimasto poi sconosciuto) aveva invaso la corsia del conducente/ricorrente il quale, perdendo il controllo del mezzo, aveva sbandato contro un guardrail.

La Corte territoriale di Firenze, nell'impossibilità di addivenire ad una ricostruzione certa dei fatti di causa, aveva ritenuto applicabile la presunzione di pari responsabilità dei conducenti dei veicoli, regolamentata dall'articolo 2054, comma 2, del codice civile.

Il conducente danneggiato, dunque, proponeva appello alla Corte d'Appello di Firenze la quale, pur dato atto che il veicolo antagonista aveva invaso la corsia di marcia del ricorrente provocandone lo sbandamento e l'impatto con un guardrail, ha ritenuto che in assenza di elementi certi ed inconfutabili sulla dinamica del sinistro, fosse comunque da applicarsi l'articolo 2054, comma 2, c.c..; il Giudice di Appello, infatti, sosteneva che l'accertamento in concreto della responsabilità di uno dei conducenti, nel caso di scontro tra veicoli, non esonerava l'altro dall'onere di provare di essersi conformato alle norme sulla circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Firenze il conducente proponeva ricorso in Cassazione.

Secondo il ricorrente, infatti, non era possibile applicare quanto disposto dall'articolo 2054, comma 2, c.c. poichè l'organo giudicante aveva accertato la responsabilità di uno dei conducenti coinvolti nel sinistro e non aveva alcuna evidenza probatoria circa l'eventuale corresponsabilità del danneggiato.

La Corte di Cassazione ha ritenuto detto motivo infondato in quanto il criterio della pari responsabilità riconosciuto dall'articolo 2054, comma 2, c.c. si applica in tutti i casi in cui non sia possibile stabilire l'esatta misura delle diverse responsabilità nella produzione del sinistro.

La ratio dell'articolo sopra citato, infatti, è proprio quella di offrire un criterio fittizio di imputazione della responsabilità laddove non sia possibile pervenire ad una esatta ricostruzione dei fatti di causa.

La Corte ha sostenuto, dunque, come il Giudice del merito abbia correttamente applicato l'articolo 2054, comma 2, c.c. non essendo ravvisabile nell'eziologia dell'incidente la sola responsabilità di uno dei conducenti coinvolti nel sinistro.

Sulla scorta del suesposto ragionamento motivazionale, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e, con la Sentenza n. 7479/2020 summenzionata, ha riconosciuto un eguale concorso di colpa dei conducenti.


L'autovelox deve essere ben visibile e l'atto di contestazione deve attestarne il carattere temporaneo o permanente.

Il Giudice di Pace di Ferrentino, con Sentenza n. 11/ 2020, ha statuito che: “Le postazioni di controllo che prevedono sistemi a puntamento laser devono essere segnalate e ben visibili e l'automobilista deve essere messo in grado di vedere i cartelli e gli agenti. Inoltre, nell'atto di contestazione deve essere attestato se il dispositivo autovelox utilizzato per la rilevazione della velocità abbia carattere temporaneo o permanente.”

Nel caso di specie, l'opponente presentava opposizione contro ordinanza di ingiunzione per pagamento di somme di cui a un verbale di accertamento per violazione dell'art. 142, comma 8, del Codice della Strada lamentando, inoltre, la mancata segnalazione e non visibilità della postazione di controllo dell'autovelox; l'attore sottolineava, infatti, che sulla strada da lui percorsa non era situato il cartello mobile temporaneo di preavviso avente la funzione di indicare la presenza, dopo pochi metri, del dispositivo autovelox.

E' bene sottolineare, infatti, che sulla base di quanto disposto dalla Circolare Minniti n. 300/A5620/17/144/5/20/3, per i sistemi a puntamento laser le postazioni di controllo devono essere segnalate e ben visibili, a mezzo cartelli o dispositivi di segnalazione luminosi, sulla base di quanto disposto dal Codice della Strada.

Nel caso che si sta trattando, inoltre, l'opponente sosteneva la mancanza, nell'atto di contestazione, di una dichiarazione formale inerente l'effettiva predisposizione dell'informazione preventiva di collocazione del misuratore di velocità, precisando contestualmente anche la mancata indicazione, all'interno del verbale di attestazione, del carattere temporaneo o permanente dell'autovelox.

Non era stato rispettato, dunque, quanto statuito dalla Corte di Cassazione, con Sentenza n. 5997/2014: “In tema di circolazione stradale, il verbale di accertamento della violazione dei limiti di velocità deve attestare il carattere temporaneo o permanente del dispositivo di rilevamento elettronico eventualmente utilizzato, onde consentire al trasgressore di valutare la legittimità dell'accertamento rispetto agli adempimenti regolamentari.”

Ciò posto il Giudice di merito, con la Sentenza n. 11/2020 sopra menzionata, ha dichiarato nulla la violazione accertata a causa e della mancata segnalazione e visibilità del dispositivo autovelox e della mancata indicazione, nel verbale di accertamento della violazione, del carattere temporaneo o permanente del dispositivo di rilevamento elettronico della velocità.